La differenze di genere nella suscettibilità alle infezioni

Mi chiamo Alberto Villani e sono il responsabile dell'Unità Operativa Complessa di Pediatria generale e malattie infettive dell'ospedale Bambino Gesù di Roma dipartimento di pediatria universitaria ospedaliera. Questo è un argomento molto importante, nonché attraente e sicuramente viene nutrito grande interesse anche per la pediatria in generale. La Dottoressa Isabella Tarissi De Jacobis si occupa insieme a me di questo argomento ed è proprio colei che gestisce tutta la linea di ricerca e l'attività clinica indirizzata alla medicina di genere.

Questo ambito è stato ben caratterizzato soprattutto per quanto riguarda l’interesse per il sesso femminile e l’anziano, anche se bisogna considerare che, negli ultimi anni, l’orientamento della medicina sulle differenze di genere nelle diagnosi in Italia ha avuto un impulso più significativo. Ciò è dovuto al fatto che nel tempo si è sviluppata un’attenzione sempre più indirizzata all’individuo, arrivando a definire la medicina come personalizzata, come si è visto in campo oncologico con i primi esempi. Nella medicina pediatrica l’attenzione al genere è sempre stata rilevante, ma solo negli ultimi tempi c’è stato un approfondimento nella ricerca scientifica grazie ad esempi caratterizzanti che si rispecchiano in special modo nelle infezioni. È noto, infatti, che non sono poche le malattie, in particolar modo infiammatorie e autoimmunitarie, in cui non solo nell’adulto, ma anche nel bambino si palesa una differenziazione di genere. L’esempio più conosciuto è rappresentato dalla scoliosi, molto più presente nel genere femminile rispetto al maschile, arrivando ad un rapporto di circa 10 a 1, soprattutto in determinate fasce d’età.

Grazie al supporto del Dott. La Rosa del nostro ospedale, stiamo esaminando un’ampissima casistica, in cui si deduce che la caratterizzazione di genere è determinata da fattori genetici e ormonali. 

Di seguito presento due casi clinici di infezione in cui la differenza di genere risulta piuttosto evidente.

In pediatria, molto comune è il caso della bronchiolite, malattia che interessa in particolar modo l’apparato respiratorio. Si riscontra soprattutto nel bambino durante il suo primo anno di vita ed è caratterizzata da difficoltà nella respirazione, presentando sintomi molto simili all’asma, quale l’accelerazione della frequenza cardiaca, respiratoria e la riduzione della saturazione di ossigeno. Questa patologia è molto diffusa e interessa una fascia vastissima della popolazione arrivando a rappresentare un problema estremamente serio in caso di bambini nei primi mesi di vita.

Esaminiamo il primo caso clinico:

Francesco è un bambino di 3 mesi, secondogenito di un fratellino più grande nato da una gravidanza decorsa regolarmente. Anche lui nato da un parto spontaneo, alla nascita arrivava ad un peso di 3,5 chili, non presentando alcun tipo di problema nel periodo perinatale.

Francesco nasce quindi come un bambino perfettamente sano e senza alcun fattore di rischio esplicito, proprio perchè nato da una gravidanza regolare e con un’anamnesi familiare altrettanto lineare. 

L’elemento di disturbo si presenta nel papà grande fumatore, il cui vizio costringe il figlio al cosiddetto “fumo di seconda mano, o fumo passivo, e al “fumo di terza mano”, quel fumo cioè che si impregna negli ambienti o sui vestiti le cui molecole tossiche continuano ad essere inalate. Si capisce, quindi, che, nonostante i tentativi di un genitore di allontanarsi dal figlio mentre fuma, il problema persiste.

Francesco quindi si connota come un bambino che non ha fattori di rischio nella anamnesi fisiologica, ma semplicemente un papà fumatore e questo, ai fini della diagnosi per la patologia respiratoria, rappresenta un importante fattore di rischio. Francesco a tre mesi inizia a presentare i primi sintomi di rinite, con secrezione acquosa trasparente dal naso, e questi sono i primi disturbi tipici della bronchiolite. Negli ultimi tre giorni subentrata anche una tosse trattata con aerosol seguendo una terapia con soluzione ipertonica.

Si sa, dunque, che, nei primi mesi di vita del bambino, la terapia della bronchiolite non contempla terapie particolari. Per molto tempo, si è fatto ricorso all’uso del salbutamolo broncodilatatore beta 2, ma gli studi hanno dimostrato la non necessità e l’inutilità di questo tipo di trattamento, nonostante i numerosi tentativi di prescrizione del salbutamolo a prescindere dall’età del paziente, interrompendolo solo in caso di esiti negativi della terapia.

Proviamo a trattare il bambino ma non con steroidi e cortisonoci per via orale, né per via inalatoria in quanto non presenta uno stato di insufficienza respiratoria, non presenta quindi necessità di ossigeno, come può accadere invece per un bambino particolarmente grave con rialzo febbrile da 24 ore e difficoltà respiratorie. Di conseguenza, come avviene in corso di bronchiolite, si è assistito ad un aggravamento progressivo di ciò che era iniziato un una rinite affiancata da tosse e successiva comparsa di febbre e difficoltà respiratorie. È giusto, però, precisare che la febbre non è presente in modo costante nel decorso della bronchiolite e non costituisce quindi un sintomo indispensabile. 

Francesco viene, quindi, condotto al Pronto Soccorso, comportamento idoneo da avere nei confronti di un bambino di tre mesi con febbre, essendo quest’ultima un sintomo su cui porre particolare attenzione in un bambino così piccolo. L’alterazione a 37,5 gradi con il 91% di saturazione di ossigeno è una situazione borderline per l’età del piccolo che non ottiene, quindi, un andamento soddisfacente della respirazione, considerando che il valore-soglia per uno stato preoccupante di capacità respiratorie in una situazione neonatale è del 92%. Di conseguenza Francesco presenta una situazione limite, con una frequenza respiratoria aumentata, polipnoico dispnoico, compiendo 50 atti respiratori, 10 atti in più rispetto al giusto ritmo per la sua fascia di età, presentando inoltre rientramenti intercostali, sinonimo di un coinvolgimento della muscolatura toracica accessoria per coadiuvare la respirazione, oltre che una ridotta penetrazione di aria su tutta l’area polmonare con sibilli e rantoli a piccole bolle alle basi bilaterali all’ascolto.

 

Questo testo è estratto dal nostro video-corso Fad ECM Medicina di genere: oltre la pillola rosa e la pillola blu, ha come scopo quello di informare e permette di approfondire tematiche legate al corso.

Estratto della lezione del dott.: Alberto Villani

Alberto VILLANI
Responsabile VOC Pediatria Generale e Malattie Infettive
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
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